venerdì 21 agosto 2009



Per aquila legionaria intendiamo qui l’oggetto simbolo e culto di ogni legione romana, tangibile patto sacro tra il potere centrale e i suoi soldati, oggetto venerato e portato in battaglia dall’aquilifer e gelosamente custodito da ogni legione in un apposito sacrario, e la cui perdita causava spesso lo scioglimento dell’unità, e per il cui recupero Roma era disposta a tutto.Vedasi le trattative segrete e le pressioni esercitate sui Parti per la riconsegna delle insegne perdute dai romani nella battaglia di Carrhae in Mesopotamia nel 53 a.C. e da Marco Antonio nel 36-35 a.C., e recuperate solo nel 20 a.C. (restituzione celebrata con monete e sulla corazza della statua di Augusto di Prima Porta), o le spedizioni punitive di Germanico nel 15-16 d.C., sfociate nella battaglia di Idistavisio, che portarono al recupero delle aquile delle legioni XIX e XVIII perse nella battaglia di Teutoburgo del 9 d.C. (l’aquila della XVII fu recuperata nel 42 d.C.).Neanche un’aquila legionaria è giunta fino a noi, per quello che ci è dato sapere.Le uniche descrizioni tramandateci sono quelle di Cicerone (Catilinarie - Cat. I, 9, 24), e di Plinio il Vecchio (Naturalis Historia - XXXIII, 58), che ci dice che tutte le insegne erano in argento, perchè questo metallo era per la sua lucentezza visibile da lontano. Nel 45 a.C. vennero aggiunti i fulmini d’oro (Cassius Dio – xliii, 35), forse da Cesare come riconoscimento al valore delle sue legioni.Per il resto dobbiamo basarci sull’iconografia di monete e soprattutto steli funebri e altre testimonianze su pietra.Tralasciando dunque le numerosissime aquile di ogni foggia e materiale giunte fino a noi, aquile riprodotte quale simbologia stessa di Roma e del suo potente orgoglio e forza, proviamo qui a concentrarci sulle riproduzioni certamente pertinenti l’oggetto del presente studio, introdotta quale simbolo di ogni legione (oltre alle simbologie particolari e specifiche di ogni reparto), dalla riforma di Caio Mario del 104 a.C.

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